Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

Storie di precariato 1 maggio 2016

Postato il 2 Maggio 2016 | in Lavoro Privato, Lavoro Pubblico, Sindacato | da

Precari1Usiamo nomi di fantasia perché la paura di perdere la sola fonte di sostentamento costringe le lavoratrici all’anonimato

Anna ha 54 anni e fa le pulizie in uno dei principali istituti bancari. “da alcune settimane è cambiata ditta appaltatrice, la banca ha tagliato soldi e la cooperativa subentrante ha ridotto le ore settimanali, da 16\8 a 5. Il sindacato? Mai visto e sentito, i sono limitati a sottoscrivere il cambio di appalto e con esso, in cambio di nulla, hanno taciuto sulla riduzione oraria. Ci hanno tolto le grandi pulizie che vengono effettuate da una ditta subappaltatrice e con questa scusa ci ritroviamo a lavorare una ora (se va bene al giorno), manco paghiamo le spese della benzina. Prendere o lasciare ci hanno detto, tu cosa avresti fatto? Abbiamo accettato nella speranza che ci aumentino l’orario e la paga. Nel frattempo faccio altre pulizie al nero ma non arrivo a fine mese. La ditta dice che hanno ridotto le ore per il nostro bene perché non possiamo lavorare in sicurezza, una scusa bella e buona perché se fossero veramente attenti alla nostra salute non ci farebbero usare acidi e saponi senza guanti e mascherine

Luigi, 48 anni, un tempo lavorava come tecnico nei teatri, contratti a tempo determinato ma tra trasferte e diarie portava a casa oltre 1200 euro. Oggi- racconta- lavoriamo a giornata e nonostante esistano tutele contrattuali (un contratto comunque scaduto da 7 anni) stiamo per passare alle dipendenze di una cooperativa che applicherà il contratto multiservizi e se arriviamo a 1000 euro al mese sarà già tanto considerato che da luglio a settembre faro’ 10\15 giorni di lavoro. So di essere una figura precaria per eccellenza, come tutti gli addetti allo spettacolo, ma la nostra precarietà un tempo era riconosciuta e faceva parte delle regole, era in qualche modo tutelata, oggi non è piu’ cosi’

Marina, 37 anni, lavora in una cooperativa sociale del pisano” la società della salute sta tagliando fondi alle cooperative, meglio lo Stato taglia alle regioni e agli enti locali che con il pareggio di bilancio chiedono alle cooperative di ridurre la spesa di personale. In che modo? i soci si riducono le ore con l’istituto della banca ore a debito, una assurdità ricattatrice che ci obbliganda ad accettare ogni tipo di lavoro e negli orari piu’ disagiati per completare l’orario settimanale. Il mio futuro? Non lo vedo, dopo la laurea pensavo fosse un valore aggiunto lavorare in cooperativa, perdevo dei soldi ma realizzavo il sogno di essere utile nel sociale, oggi la mia utilità viene svilita e calpestata dal pareggio di bilancio in Costituzione e negli enti locali.

Antonio, 51 anni, lavorava a tempo determinano in un appalto del Comune . Dopo 3 anni di disoccupazione e lavoretti saltuari e al nero, ci hanno chiamato in una ditta vincitrice di appalto comunale. In realtà era una associazione temporanea di impresa con due aziende, una locale che eseguiva i lavori, una piu’ grande del Nord. Ebbene ci hanno licenziato dall’oggi al domani e a qualcuno di noi hanno perfino addebitato il costo di un fanalino del mezzo di servizio rotto. Stiamo facendo ricorso con l’ufficio legale del cobas ma pensavamo di lavorare per un anno o due , quanto dura l’appalto , invece ci ritroviamo in causa per avere il pagamento di due misere mensilità. La responsabilità di questa situazione è anche dell’ente pubblico che non controlla mai le condizioni di lavoro negli appalti, si contentano di mettere qualche clausola sociale ma senza vigilare per la sua applicazione

Federico Giusti dei Cobas ricorda che il nuovo codice degli appalti rende in molti casi le clausole sociali volontarie “demandando ai contratti nazionali che sovente subiscono deroghe. Al Governo si preoccupano di tutelare la concorrenza e intanto le clausole a salvaguardia dei lavoratori e delle lavoratrici sono sempre piu’ ridotte e aggirabili”

Melania ha 37 anni e un figlio di 5 da mantenere, vive in una casa occupata. Ha perso il lavoro quando è rimasta incinta e da allora deve adattarsi a mille impieghi al nero e malpagati. A fine maggio inizia la stagione in un bagno, saro’ al bar\ristorante 10\12 ore al giorno per 1300 euro , senza un contributo e con la speranza che tutto vada bene perché un malore o la malattia di mio figlio determinerebbero la impossibilità di lavorare e cosi’ perderei anche questa fonte di reddito. Con la fine della scuola il bimbo andrà dai nonni perchè lavorando dalle 8 alle 20 non posso accudirlo.Ho fatto domanda per la casa popolare ma essendo occupante mi hanno detto che non ho i requisiti: Ora se avessi i soldi una casa la comprerei, dunque vi sembra giusto il trattamento che riservano a chi non ha reddito e lavoro? A Me francamente no

Antonio ha 26 anni, ha lasciato la scuola dopo la terza media. In questi anni ho fatto pony express portando pizze e cucina cinese, 3 ore a correre con il motorino per portare ogni giorno a casa al massimo 20 euro, 120 a settimana, 460 al mese. Prima pagavo l’affitto in una stanza doppia che dividevo con uno studente ma tra bollette e spese varie sono stato costretto a tornare a casa . La mia vita privata? inesistente, la sera con il motorino, il pomeriggio a portare volantini per 15 euro al giorno, faccio chilometri a piedi. Due lavori 6\7 ore al giorno impegnato porto a casa meno di 800 euro senza una copertura previdenziale e assicurativa e con la prospettiva che il padrone smetta di pagare al nero ricorrendo ai voucher per alcuni periodi all’anno. Una rimessa economica e una beffa morale.

Emil, 44 anni, viene dall’est europeo, è arrivato 20 anni fa e si è ben ambientato nella provincia di Pisa. Da 13 anni lavora in una cooperativa dell’igiene ambientale, una delle tante ditte appaltatrici . Ha lavorato nella raccolta porta a porta fin dalla sua istituzione. La sua busta paga era di 1200 euro al mese, aveva un accordo di secondo livello. Ma attenzione: cio’ che aveva oggi non esiste piu’. Emil, a forza di fare straordinari per pagare il mutuo della casa, si è ammalato, patologie lombo scheletriche riconducibili alle attività lavorative svolte per anni, al continuo scendere e salire dal mezzo; le sue ridotte capacità lavorative hanno determinato una prescrizione del medico aziendale. Il datore di lavoro ha chiesto per mesi la riduzione dell’orario di lavoro, anzi una autoriduzione da 40 a 28 ore in virtu’ delle mansioni ridotte che ne impediscono un utilizzo intensivo come un tempo. Le mansioni ridotte rifiutate sono state il pretesto per continue pressioni sul lavoratore, al suo diniego di ridurre orario e paga sono iniziati i turni di lavoro peggiori e piu’ lontani dalla abitazione, richiami scritti per semplici ritardi, multe e sanzioni che cumulate hanno determinato giorni di sospensione senza paga. Dopo mesi , Emil ha avuto un incidente con il mezzo e i danni sono stati di 4 mila euro, cosi’ ingenti a detta aziendale da determinare il licenziamento per il venir meno del rapporto di fiducia

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