November 29, 2024
Un’esplosione nella miniera di carbone di Soma, in Turchia ha provocato la morte, finora accertata, di 274 operai e tuttora sono dispersi 120 minatori. L’esplosione si è verificata a 420 metri di profondità quando i 787 lavoratori erano al lavoro e il fuoco e le fiamme hanno bruciato corpi vivi e poi il fumo non ha lasciato scampo a chi era sopravvissuto alle fiamme. In questa miniera come avviene ormai ovunque nel mondo capitalista, i propri profitti s’incrementano sulla pelle dei lavoratori, risparmiando sulla manutenzione e sulla sicurezza. Questo lo sanno bene i lavoratori e i loro famigliari che hanno preso a calci l’auto del primo ministro turco Erdogan gridandogli ”ladro”, “assassino”, “dimettiti”, hanno costretto il primo ministro e la sue guardie del corpo a scappare e un topi e a rifugiarsi in un vicino supermercato.
Subito la protesta operaia e popolare e scoppiata in varie parti del paese. A Istanbul ci sono stati duri scontro fra manifestanti e polizia e la protesta si sta estendendo in tutto il paese.
Questo ennesimo crimine del capitale, questa strage di operai bruciati vivi come se fossimo ancora nell’800, è la “modernità” del capitalismo.
Nel disastro della miniera di MARCINELLE, in Belgio, nel 1956, furono quasi 300 le vittime, la maggior parte minatori emigranti italiani.
In Cina nel 2005, morirono 213 persone a causa di un’esplosione di gas in una miniera nel nord del Paese.
Nel 2010 in CILE, nella miniera di San José. Un crollo bloccò 33 minatori a circa 700 metri di profondità, fortunatamente in un rifugio con ossigeno e viveri. In quell’occasione, dopo 69 interminabili giorni, tutti i lavoratori furono portati in salvo.
Nel maggio 2013, in DARFUR, un crollo causò la morte di un centinaio di minatori e di 9 soccorritori.
Nella guerra quotidiana fra capitale e lavoro i morti sul lavoro non sono mai una fatalità: sono il costo pagato dagli operai alla realizzazione del profitto, sono parte della brutalità e della violenza del sistema capitalista. Protetti da leggi che tutelano la proprietà privata dei mezzi di produzione, lo sfruttamento e il profitto, i capitalisti in tutto il mondo hanno l’impunità e licenza di uccidere.
Non il “destino” fatale, ma l’aumento dello sfruttamento e il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro sono la causa principale degli infortuni e dei morti sul lavoro e di lavoro, perché NEL SISTEMA CAPITALISTA GLI OPERAI NON SONO ALTRO CHE FORZALAVORO: CARNE DA MACELLO.
Agli operai turchi e ai loro famigliari e tutte le vittime dello sfruttamento capitalista, va nostra solidarietà di classe.
Solo distruggendo dalle fondamenta il sistema capitalista, instaurando un sistema socialista che abolisca lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo considerandolo un crimine contro l’umanità, potremo smettere di piangere i nostri morti. Un altro mondo è possibile solo col socialismo.
Sesto San Giovanni, 15 maggio 2014
(*) Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”, via Magenta 88, Sesto San Giovanni
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