November 29, 2024
L’iniziativa organizzata dagli Amici della BUP sulla situazione della Sapienza e della sua storica biblioteca tenutasi ieri pomeriggio al Teatro Rossi Aperto, è di quelle che non si dimenticano. È infatti stato doloroso vedere un tale patrimonio culturale e cittadino ridotto in tale stato di abbandono, esposto a qualunque violenza e degrado, preda di mire spartitorie tra enti pubblici e obiettivo di interessi privati in agguato. È l’ennesima conferma che lo stato di incuria e la dismissione degli spazi cittadini non è dovuta solo cialtroneria dell’Amministrazione, del Sindaco Filippeschi, degli Assessori alla Cultura Danti e all’Istruzione Chiofalo, senza dimenticare le responsabilità della Provincia, ma risponde a logiche perverse di profitto e svendita sul mercato anche di edifici di inestimabile pregio e valore storico. La chiusura della Sapienza è stata infatti gestita dal Sindaco Filippeschi e dal Rettore Augello con metodi poco trasparenti operando la scelta della chiusura mentre in altri casi, dove il rischio era perfino maggiore, si sono trovate soluzioni diverse e più accettabili.
La ferita che sta subendo la città è enorme, dal punto di vista culturale, della credibilità delle istituzioni, perfino rispetto al livello commerciale ed economico. Il centro si va svuotando di quei luoghi d’incontro e confronto tra studenti, ridotti a puro business da mungere con affitti spropositati e con il trasferimento coatto degli studenti e delle facoltà fuori dal centro storico, come nel caso emblematico di Scienze Politiche; la città sta diventando un deserto che un’amministrazione cieca sta svendendo alla speculazione edilizia con l’illusione di trasformarla in “salotto-immagine” per un turismo di élite, ottenendo l’effetto di privatizzare intere porzioni di città, oltretutto con il rischio di infiltrazioni criminali.
L’attacco alla cultura ha un respiro ancora più ampio: se il patrimonio storico-culturale della Sapienza è inestimabile, il processo di impoverimento degli strumenti culturali a disposizione della cittadinanza si va estendendo: ricordiamo ancora con orrore la vicenda dell’Istituto degli Studi Filosofici di Napoli, sfrattato alcuni mesi fa perché nessun ente pubblico sostiene le spese di affitto.
Più in generale, il patrimonio librario pubblico si va riducendo per effetto della chiusura di intere biblioteche, di cui non si vuole più sostenere i costi di gestione, adducendo risibili giustificazioni economiche (la crisi!), per la perversa logica delle esternalizzazioni dei servizi spesso affidati a cooperative in cui il lavoro degli addetti è ipersfruttato, per l’ipocrisia di “razionalizzare” le risorse concentrando e in realtà dismettendo e desertificando interi quartieri dai libri. Anche a Pisa, non bisogna infatti dimenticare che l’Amministrazione comunale si sta rimangiando gli impegni assunti sulla Biblioteca Comunale disinvestendo in risorse e personale ed esternalizzando parte del servizio, mentre vorremmo rilanciare un’idea diversa degli spazi culturali a Pisa, con biblioteche di quartiere aperte, luoghi di vita, studio e interazione culturale per tutti, a tutela anche di chi non appartiene agli strati sociali benestanti.
Anche le biblioteche scolastiche sono nelle stesse condizioni, abbandonate al degrado in quanto nessun addetto è più impiegato perché le riduzioni del personale docente e ATA hanno colpito anche nei centri vitali delle istituzioni scolastiche, in cambio di pochi soldi elargiti alle scuole e spartiti tra pochi per sviluppare progetti didattici spesso inconsistenti e discutibili.
La verità è che è in atto uno straordinario progetto di deculturazione sociale, di trasferimento della formazione culturale a agenzie virtuali e a supporti tecnologici che restringono le capacità critiche e riflessive degli individui. Si creano così percorsi informativi strutturati, orientati e definiti che hanno la finalità di determinare una visione acritica e consensuale al modello sociale e ideologico dominante. È la fine del pensiero critico divergente, è la fine della ricerca creativa, non predefinita da obiettivi standardizzati. D’altronde, se gli strumenti per valutare, anzi, misurare la crescita culturale delle giovani generazioni è affidata a test INVALSI nella scuola e ABVUR per l’Università, che la Ministra Carrozza sostiene strenuamente, certo attardarsi nello studio su libri o indugiare nella ricerca sui documenti conservati negli archivi diviene pleonastica, ridondante, sostanzialmente inutile. Basta un bel manuale per l’addestramento alla risoluzione di problemi e di batterie di test, e il gioco è fatto.
Non è più possibile limitarsi ad una reciproca e sincera solidarietà tra associazioni di docenti e ricercatori, organizzazioni studentesche e sindacali, cittadini amanti della cultura. Occorre costruire insieme una campagna di difesa della cultura e dell’istruzione con iniziative e mobilitazioni, nelle scuole come nelle università, assemblee di sensibilizzazione per ripensare una politica culturale fuori dalle logiche di mercato. Nell’immediato, bisogna aprire una vertenza articolata verso l’Università di Pisa, il Comune, il MIUR, affinché la Biblioteca della Sapienza venga subito riaperta e torni ad essere quel patrimonio comune che è sempre stata, accessibile a e fruibile da tutti: studenti, ricercatori, lavoratori e cittadini.
Giovanni Bruno (Cobas Scuola)
Federico Giusti (Confederazione Cobas)
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