Un torto subito da un lavoratore è un torto fatto a tutti (IWW)

Thyssenkrupp la Rete e gli altri

Postato il 28 Aprile 2014 | in Italia, Lavoro Privato, Scenari Politico-Sociali, Sindacato | da

Noi non dimentichiamo!

Non accettiamo colpi di spugna! Nessuna impunità per i padroni assassini della Thyssenkrupp!

Con queste parole gridate al microfono di fronte alla Cassazione di Piazza Cavour a Roma, si è aperto stamattina il presidio indetto in occasione della sentenza del processo Thyssenkrupp.

Un presidio indetto dalla Rete Nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territori che ha raccolto l’appello di familiari e operai della Thyssen, portando delegazionialtre delegazioni da Taranto, Milano, Ravenna, L’Aquila. e del comitato 5 aprile di Roma, Erano presenti delegazioni di associazioni di familiari e altri comitati di vittime da lavoro e nocività venute da Torino, Casale Monferrato, Viareggio, Taranto, organizzazioni sindacali di base, USB, SLAI COBAS per il sindacato di classe, USI, della Cgil di Torino, e l’Associazione Esposti Amianto.

Udienza dopo udienza, la Rete ha seguito questa udienza come tutto lo svolgimento dei processi come parte della guerra di classe tra operai e padroni, presenziando e dando sistematica controinformazione delle varie udienze in primo grado e in appello, organizzato manifestazioni e presidi.

La mobilitazione permanente ai processi aveva portato a ottenere una condanna senza precedenti, fino ad oggi, per i responsabili della strage dei sette operai bruciati vivi nell’incendio alla linea 5 dello stabilimento Thyssenkrupp di Torino il 7 dicembre 2007. Senza precedenti era stata anche l’imputazione per padroni e dirigenti della fabbrica, omicidio volontario, per la deliberata e dolosa inosservanza delle procedure e norme di sicurezza in uno stabilimento che ormai avevano già deciso chiudere e che è costata la vita degli operai.

L’imputazione però era poi stata derubricata in appello a omicidio colposo, con sensibile riduzione delle pene. Oggi la Cassazione si è pronunciata sui ricorsi sia della procura di Torino che della difesa. e si è pronunciata come peggio non poteva checchè se ne dice ha ridemensionato le risultanze effettive del processo di primo grado e ha riportato il processo ai processi ordinari che non hanno mai realmente punito i padroni assassini per i loro crimini I padroni assassini della Thissenkrupp non pagheranno realmente per le loro colpe

Le parole di rabbia e proteste dei familiari -anche verso le infami deformazioni e provocazioni degli avvocati dei padroni – il quotidiano on line La Repubblica preoccupato di finire in galera e non potere così vedere crescere la propria nipotina!-sono ben giustificate, non altrettanto le loro speranze stante i tempi della giustizia, la natura della giustizia borghese.

Così le parole del procuratore Guariniello sono solo purtroppo di continuità di un impegno giudiziario ma che non porterà alle effettive condanne che il processo richiedeva.

Ora – senza se e senza ma – si deve levare alta la protesta – la rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul territorio farà la sua parte come referente collettivo, unitario e trasversale di questa battaglia, – ma dobbiamo rilevare che siamo i soli a farla coerentemente – sindacati confederali da sempre con i padroni non si sono mai impegnati realmente in questo e le bandiere della CGIL presenti al presidio avrebbero innanzitutto da familiari e associazioni essere tolte e respinte al mittente -ma anche i sindacati di base fanno poco – i familiari e associazioni realmente impegnate da torino a viareggio, eureco ecc, sono sempre lasciate sole nella lotta , ma ci mettono anche troppi formalismi e troppo autorappresentatività, utile nella denuncia ma non a cambiare le cose e il tipo di mobilitazione.

Ci vuole una più ampia mobilitazione di massa, ma anche chiarezza!

Non accettare che i tribunali siano solo testimonianza di presidi piccoli e rispettosi delle regole

I padroni assassini hanno calpestato tutte le regole e hanno fatto morti e stragi, oltre che disastri ambientali e non hanno pagato niente finora.

Questo non va accettato e vanno costruite altri tipi di mobilitazione e azioni. Così come tutti devono far propria la prospettiva della Rete che non lavora solo per processi e leggi più giuste, ma per una rivoluzione di massa politica e sociale che metta fine al sistema che afferma il primato del profitto sulla vita degli operai e delle popolazioni.

Al presidio sono stati annunciati i prossimi passi della lotta della RETE contro i padroni assassini. Primi fra tutti una nuova mobilitazione speriamo più ampia ma anche più aggressiva alla Cassazione per la prossima pronuncia della Cassazione per il processo Eternit, già calendarizzata in maggio, e, ancora più importante, la campagna contro il processo a padron RIVA che inizia a Taranto il prossimo 19 giugno, che prevede anche la costituzione di operai lavoratori del cimitero e cittadini dei tamburi autorganizzati come di parte civile al processo

Su questo c’è da registrare l’interesse a prendere parte in qualche modo alla mobilitazione di alcuni familiari degli operai Thyssen e dell’associazione esposti amianto di Casale Monferrato.

info e adesioni

rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul territorio

bastamortesullavoro@gmail

Repubblica.it torino Edizioni localiMeteo

Rogo Thyssen, la Cassazione: fu omicidio colposo, pene da rivedere La Suprema Corte annulla in parte le condanne inflitte ai manager dalla Corte d’assise d’appello di Torino: ci sarà un nuovo processo. Proteste dei parenti dei sette operai periti nel rogo del dicembre 2007

Thyssen, Cassazione ordina nuovo processo: la rabbia dei familiari

Non è ancora chiusa la vicenda giudiziaria della Thyssen, l’acciaieria torinese dove nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, divampò un tragico rogo che provocò la morte di sette operai. I manager della fabbrica sono colpevoli, ma servirà un altro processo per stabilire il grado di responsabilità di ciascuno in quella strage, da celebrare davanti a una nuova corte. Questa la decisione della Corte di Cassazione a sezioni unite che, dopo oltre cinque ore di camera di consiglio, ha parzialmente annullato le condanne stabilite dalla Corte d’assise d’appello per i sei dirigenti dell’azienda tedesca e dello stabilimento (il nuovo dibattimento servirà per rideterminare le pene inflitte loro) e, soprattutto, ha escluso l’ipotesi di omicidio volontario contestata dal pm Guariniello all’ex ad Harald Espenhahn. Il dispositivo si conclude infatti dichiarando irrevocabili “le parti della sentenza relative alla responsabilità degli imputati in ordine al reato” di omicidio colposo.

Il pg aveva chiesto la conferma delle condanne

Resta ancora aperta, dunque, una vicenda tragica e dolorosa che ha colpito nel suo profondo la città, ma sembra chiudersi l’accesa battaglia giuridica sulla configurazione del reato: per la prima volta, infatti, era stato contestato l’omicidio volontario in un caso di infortunio mortale sul lavoro. Una tesi accolta dai giudici di primo grado, autori di una sentenza coraggiosa e assolutamente innovativa, ma negata da quelli di appello, secondo i quali si è trattato “solo” di un omicidio colposo aggravato dalla colpa cosciente, sanzionato peraltro con condanne tra le più pesanti mai irrogate. E’ proprio per ridefinire il trattamento sanzionatorio che la Cassazione, confermando l’ipotesi di omicidio colposo ed escludendo l’aggravante delle omissioni dolose di cautele sugli infortuni, ha ordinato un nuovo dibattimento.

In secondo grado i giudici torinesi avevano condannato a 10 anni di reclusione l’ex amministratore delegato Harald Espehnhan (che in primo grado era stato giudicato colpevole di omicidio volontario con dolo eventuale e si era sentito infliggere 16 anni e mezzo di reclusione), a 8 anni l’allora responsabile della sicurezza Cosimo Cafueri, a 8 anni e mezzo il responsabile dello stabilimento Raffaele Salerno, a 7 anni ciascuno i membri del Comitato esecutivo Gerald Priegnitz e Marco Pucci e a 9 anni l’allora dirigente con funzioni di direttore e competenza negli investimenti Daniele Moroni.

I sette operai morti nel tragico rogo della Thyssen non sono quindi stati vittime di un omicidio volontario ma di un omicidio colposo aggravato dalla colpa cosciente: i dirigenti dell’acciaieria torinese operarono con una “grande sconsideratezza” scegliendo di non adeguare alle norme di sicurezza lo stabilimento destinato alla chiusura entro pochi mesi. Il verdetto della Cassazione ha accolto su questo punto le richieste del procuratore generale Carlo Destro, che nella sua requisitoria aveva difeso la sentenza d’appello.

L’impostazione della corte d’Assise d’appello di Torino, aveva rilevato Destro, è “logica e congrua”. “I manager e i dirigenti chiamati a vario titolo a rispondere della morte dei sette operai facevano affidamento sulla capacità dei lavoratori di bloccare gli incendi che quasi quotidianamente si verificavano: chi agisce nella speranza di evitare un evento evidentemente, se l’evento si verifica, non può averlo voluto”. Tuttavia c’è stata una “grandissima sconsideratezza” nella gestione dello stabilimento della Thyssenkrupp di Torino dove “si è voluto continuare a produrre senza adeguate misure di sicurezza ma risparmiando quanto più possibile in vista dello smantellamento dell’impianto che sarebbe dovuto avvenire nel febbraio 2008, due mesi dopo il tragico rogo”.

Destro, per contro, aveva criticato la sentenza di primo grado che aveva affermato per l’ad Espenhahn la tesi dell’omicio volontario con dolo eventuale: in quel verdetto, aveva sostenuto, “manca un raccordo tra le varie imputazioni”: “La procura è entrata in contraddizione qualificando con diverse imputazioni lo stesso fatto”. Il pg aveva anche ricordato come il nodo giurisprudenziale del dolo eventuale sia emerso, negli ultimi anni, in alcuni processi scaturiti da incidenti stradali, quale quello a carico di Stefano Lucidi, l’uomo che investì, uccidendoli, due giovani in via Nomentana a Roma. “Gli incidenti stradali – aveva detto il pg – non sono assimilabili alle attività industriali. Inoltre, il fatto che si parli di introdurre il reato di omicidio stradale è una spia del fatto che è arduo contestare il dolo eventuale”.

La difesa degli imputati, con l’avvocato Franco Coppi, aveva sostenuto che le pene inflitte erano eccessive e pesantissime, mentre la sentenza non è affatto chiara per quanto riguarda la divisione delle responsabilità sul tema sicurezza, per le quali è stato fatto di tutta l’erba un fascio. Ad avviso di Coppi “in realtà gli imputati non avevano previsto che sarebbe potuta accadere una cosa del genere. Piccoli incendi si innescavano tutti i giorni ma veniva facilmente controllati. La colpa vera è quella di non aver previsto tutte le eventualità che sarebbero potute accadere”.

Dopo la lettura della sentenza alcuni familiari delle vittime hanno sfogato la loro rabbia, gridando e piangendo, “Sono codardi – ha urlato una signora, madre di uno degli operai morti, di fronte all’aula magna della Suprema Corte – non hanno avuto il coraggio di emettere una sentenza, dire qual è la verità”.

Roma, 24 aprile 2014

“Dispositivo del verdetto sulla vicenda Thyssenkrupp” emesso stasera dalle Sezioni unite penali della Cassazione: «Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta esistenza della circostanza aggravante di cui al capoverso dell’art. 437 Cp ed al conseguente assorbimento del reato di cui all’articolo 449 Cp».

Il riferimento a quanto si è appreso da fonti della difesa, dovrebbe essere all’annullamento delle aggravanti per le omesse misure di sicurezza.

«Dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte d’assise d’Appello di Torino – prosegue il dispositivo degli ermellini – per la rideterminazione delle pene in ordine ai reati di cui agli articoli 437, comma 1, 589, commi 1, 2, 3, 61 n.3, 449 in relazione agli art 423 e 61 n.3 Cp».

Rigetta nel resto i ricorsi del procuratore generale e degli imputati.

Rigetta il ricorso della persona giuridica Thyssenkrupp acciai speciali Terni spa che condanna al pagamento delle spese processuali.

Condanna in solido gli imputati – continua il dispositivo – ed il responsabile civile Thyssenkrupp acciai speciali Terni spa alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ‘Medicina Democratica’ che liquida in complessivi euro 7 mila oltre accessori come per legge.

Infine visto l’art. 624, comma 2 Cpp dichiara irrevocabili le parti della sentenza relative alla responsabilità degli imputati in ordine ai reati sopraindicati.

COMUNICATO STAMPA:

PROCESSO THYSSENKRUPP IN CASSAZIONE TORNA LA GIUSTIZIA DI CLASSE?

A mezz’ora della mezzanotte del 24 aprile la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha letto il dispositivo della sentenza al seguito dei ricorsi presentati dalla accusa, dalle difese e dall’unica parte civile (Medicina democratica) nel processo celebrato dalla Corte d’Appello di Torino contro gli imputati accusati di omicidio colposo con colpa cosciente emessa il 18 febbraio.

La Corte ha rinviato il procedimento davanti alla Corte d’Appello di Torino per la rideterminazione della pena: sette operai morti sul lavoro il 6 dicembre del 2007 alla ThyssenKrupp di Torino sono da attribuirsi alle gravi responsabilità del titolare e dei dirigenti di quella azienda che, in funzione della prevista dismissione della fabbrica, hanno trascurato in maniera pesante ed evidente la sicurezza sul lavoro.

Colpevoli, ma non assassini.

La pena dunque dovrà essere rideterminata, sarà probabilmente inferiore a quella già comminata, ma non potrà – non deve – essere nulla o irrisoria.

Non si tratta di omicidio volontario, dice sempre la Cassazione, ma colposo.

Una vecchia concezione, diciamo noi che rimanda all’inevitabilità degli infortuni che, per quanto gravi, non sono prevedibili perché non previsti.

Insomma c’è un’umanità diversa, che, per una condizione diversa, quella del lavoro a rischio, con possibili e a volte inevitabili conseguenze.

Ancora le difese degli imputati, in questo processo e in tutti i suoi gradi di giudizio e ancora di più il 24 aprile davanti alla Cassazione, si sono scatenate contro Medicina Democratica: non hanno mancato di chiedere la revoca della sua costituzione di parte civile di Medicina Democratica; lo avevano già fatto davanti al Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP), davanti al giudice del dibattimento in Corte d’Assise, pure davanti al giudice della Corte d’Assise d’Appello. Richiesta sempre respinta. E ci hanno provato in Cassazione. Qui per la prima volta hanno trovato il rappresentante dell’accusa, cioè il Procuratore Generale che ha formalmente chiesto alla Corte di Cassazione l’esclusione di MD.

Perché tanto accanimento?

Ha dato molto fastidio che MD sia stata l’unica parte civile rimasta nel processo fino alla fine e senza alcun tentennamento. Ma la Cassazione non poteva smentire se stessa ed anche questa volta ha respinto la richiesta; piuttosto c’è da rammaricarsi per chi ha abbandonato il campo e si è ritirato ricevendo quattrini in cambio. Per i sindacati (FIM, FIOM, UILM, CUB) e gli enti pubblici (Comune, Provincia, Regione, INAIL) c’è pure da rimanere interdetti!…

Da un anno a questa parte gli infortuni i mortali sul lavoro sono aumentati nonostante sia diminuito il lavoro e non parliamo delle malattie professionali in costante crescita.

Medicina Democratica rivolge un appello nel giorno dell’anniversario della Liberazione nazionale. Basta porre in contrasto il diritto alla salute, quindi alla vita, e il diritto al lavoro.

Promuoviamo una grande mobilitazione perché salute e lavoro, garantiti dalla Costituzione, nata dalla Resistenza, vengano assicurati a tutti, perché nemmeno si rinunci alla salubrità ambientale.

Milano, 25 aprile 2014

Medicina Democratica Nazionale

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